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Quando a scuola ci facevano disegnare il PANNEGGIO

Crivelli: madonna ricca con bambino grasso

Devo premettere che non ho mai amato particolarmente il decorativismo.

Ho infatti sempre considerato Carlo Crivelli come un decoratore, un bravo pittore che si dilettava a impreziosire, con la pazienza di una ricamatrice, i suoi tessuti.

L’approccio che ho avuto a quel lavoro è stato inizialmente fiacco, con poco entusiasmo perchè a scuola il panneggio è stata una costante. Successiavamente ho accettato di confrontarmi con questa realtà "panneggiosa" pensando che comunque l’attualizzazione dell’esperienza è importante. Infatti è stato come leggere un libro a distanza di anni: nonostante sai a memoria ogni parola, i significati cambiano e si combinano in realzione alle esperienze e alla relativa percezione delle stesse.

A questo scoglio ha pensato Focillon, che nel suo terzo capitolo “forme nella meteria” mi ha illuminato il tavolo da lavoro, ha allargato l’orizzonte definendo il rapporto tra mezzo usato e forma generata: cito testualmente

“(...) per compredere queste azioni e reazioni smettiamo di considerare solatamente mano, forma, utensile e materia e mettiamoci al punto tangente, al luogo geometrico della loro attività”.

È da qui che sono realmente partita, dopo questo ho capito in che direzione volgere la mia analisi.

Il panneggio da questo punto in poi è stato per me spazialità dinamica della forma, non più solo un corpo che ne cela un altro.

A questo proposito ho ampliato la ricerca e ho considerato anche la tecnica del panneggio bagnato di Fidia che nel V secolo a.C. spezza la continuità secolare delle regole scultoree greche dando spazio alle forme anatomiche femminili, che dovevano essere rigorosamente vestite.

le tre dee scolpite da Fidia dentro il frontone del Partenone sono avvolte da un lungo chitone drappeggiato che aderisce al corpo incollandosi quasi alle carni, definito perciò “panneggio bagnato” (evidentemente la miss maglietta-bagnata era già apprezzata nel V secolo a.C.).

Ho sentito il bisogno di mettere a confronto questi due tipi di panneggio e indagare il loro significato segnico e semantico. L’ analisi dell’universo segnico, derivante dal rapporto dialettico del corpo con i suoi particolari contesti ambientali e culturali, pone in evidenza la visione storica legata alla metamorfosi e al dinamismo. Focillon definisce la storia come “conflitto tra attualità, precocità e ritardi” e analizza i momenti sperimentali in cui le fratture e le transizioni sono palesate inequivocabilmente.

La connessione alla storia è quindi molto stretta: Focillon intende la vita dell’opera connessa al tempo che la circonda, come a voler richiamare la contrapposizione con il concetto di tempo newtoniano: come il tempo scorre in sè per sè senza badare agli oggetti circostanti, anche l’opera d’arte esiste, è viva e attraversa la storia in sè per sè adeguandosi, trasformandosi e assumendo, come dicevo prima, nuovi significati. La forma infatti ha un senso che è tutto suo, una identità che è bene considerare. Come dice egli stesso la forma si significa.

La ricerca di una forma a livello prettamente grafico, la ricerca del segno e dell’equilibrio tra tutti fattori si è rivelata non semplice: uno degli interrogativi che mi sono posta è stato relativo alla connessione tra Crivelli e Focillon: in che maniera l’ornamentalismo avrebbe potuto essere connesso alla ricerca e all’analisi qui proposta? sempre nel terzo capitolo, ho trovato la risposta.

Considerare il decorativismo un vezzo dell’artista è un’idea che mi è nata nel corso del tempo osservando le astrazioni e le sintesi delle immagini...semplicemente non ho più sentito l’utilità e la necessità di adoperarle e, chiudendomi in questa convinzione non ho considerato che, per esempio nel mondo arabo, in cui non è permesso rappresentare la figura umana (tanto centrale nel mio percorso), il sogno umano si esprime con l’uso di questi motivi decorativi, detti appunto arabeschi.

Nasir Al-Mulk Mosque, Shiraz, Iran

Nella storia dell’arte vediamo come l’egocentrismo dell’osservatore (che sia studente d’arte, profano ecc...) porta a cercare di riconoscere uno in primo luogo la rappresentazione umana in relazione a tempo, luogo e forma.

Lo studio del panneggio del Crivelli ha messo in luce non solo il marcato decorativismo dei drappi, ma anche un modo di drappeggiare che non ha nulla a che vedere con la necessità di svelare ciò che "non può" essere mostrato (come ha fatto fidia con il panneggio bagnato), ma credo che abbia voluto semplicemente far sfilare i suoi santi con costumi attuali, finemente decorati.

Ravenna - Basilica di S.Vitale - Imperatrice Teodora con la sua corte - Mosaico IV sec.

Leopold Museum di Vienna - Gustav Klimt - Vita e Morte - Olio su tela 1915

A differenza del decorativismo bizantino, per esempio (al quale faceva riferimento anche Klimt), il decorativismo del Crivelli non è che fine a se stesso: il decorativismo delle icone (sia russe che bizantine) porta l’iconografo a livello di graphos, uno scrittore e per questo motivo variare una decorazione può significare un errore di grammatica.

Maddalena del Crivelli

Se mettiamo accanto la Maddalena del Crivelli (sotto in figura) e un’icona (sia essa russa o bizantina) notiamo che seppur parlando dello stesso argomento (la rappresentazione di una figura riconducibile alla spiritualità) la modulazione delle decorazioni dei panneggi vede intenzioni diverse. Perfino El Greco nella sua Dormizione della Vergine adopera i panneggi alla fidia maniera, suggerendo che comunque i vari tipi di panneggio hanno in comune la volontà di coprire e scoprire, celare e rivelare, modulando di volta in volta, di stile in stile intenzioni, riflessioni , sforzi e rilassamenti compositivi votati di volta in volta a ricontestualizzare i tessuti.

Dormizione della Vergine, El Greco

Con o senza decorazione il tessuto è quindi come una seconda pelle da dipingere sui soggetti. Nella storia dell’arte ne abbiamo innumerevoli esempi diversi, ma tutti con la contante della ricerca della forma morbida e coperta, sia essa di matrice greca voltata alla volontà di scoprire ciò che è celato tramite l’intervento dell’effetto bagnato (Fidia), sia essa michelangiolesca (ergo lineare ed allo stesso tempo vibrante e nervosa) o crivelliana con i suoi motivi ornamentali votati al puro diletto dell’occhio .

Qui Focillon mi richiama ancora all’ordine: lo studio dell’ornamento non è inferiore a quello della morfologia pura, ma è luogo di metamorfosi, di infinite possibilità compositive.

Penso che se Focillon fosse vissuto oggi sarebbe un attentissimo osservatore della neuroestetica.

È infatti il precursore di studi che oggi le neuroscienze e l’estetica stanno compiendo: lui l’aveva intuito.

È chiaro che aumentando il livello di astrazione della raffigurazione, maggiori diventano gli elementi cognitivi dell’esperienza estetica: i contesti culturali, le implicazioni storiche, i significati simbolici, le attribuzioni di significato soggettive e così via.

Secondo Vittorio Gallese in ogni modo alla base di tutte le esperienze estetiche e artistiche ci sarebbe sempre una risposta empatica mediata dai neuroni specchio, quei neuroni cioè che consentirebbero di vivere, rispecchiandole appunto, le emozioni e le sensazioni corporee vissute dai protagonisti raffigurati nelle opere d’arte, rendendo in pratica percettibile all’occhio e all’empatia, il conto totale dell’esperienza appresa da Focillon.


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